Donatella di Pietrantonio, L'Arminuta

"L'Arminuta"
Donatella Di Pietrantonio
163 pagine
2017
Einaudi


   "Ero l'Arminuta, la ritornata. Parlavo un'altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza". 
    Il cuore de "L'Arminuta" sta tutto in questa manciata di parole. Primo: il significato di "Arminuta"; secondo: il senso di estraneità; terzo: l'assenza della mamma. 

    
    Primo. 
  "L'Arminuta" è la protagonista, nonché narratrice, del racconto. Si staglia sulla copertina l'essenza del suo sguardo penetrante e un bianco e nero che evoca le luci e le ombre della sua storia. Ha appena terminato la prima media quando avviene la lacerazione che cambia per sempre la sua vita: dopo gli anni trascorsi con i suoi genitori, viene affidata a una nuova famiglia, che tanto nuova non è: torna dai suoi veri genitori. Era stata cresciuta da una madre affettuosa, precisa e attenta, la quale l'aveva presa in carico, finché la genitrice naturale non ne ha rivendicato la maternità. O perlomeno questo è il motivo che viene spiegato alla piccola, nonostante si percepisca una realtà più struggente: il sospetto di un serio problema di salute di quella che credeva sua madre, Adalgisa, che l'ha costretta a rinunciare all'affidamento.

    Secondo.
   Adattarsi alla nuova famiglia non è affatto semplice. L'Arminuta, da figlia unica, si trova di colpo ad avere una sorella, Adriana, e dei fratelli, con cui dividere cibo, tempo e spazi. Niente corsi di danza o nuoto, niente cameretta per conto suo, niente libri, ma un letto da condividere con Adriana, di fronte a quello del fratello Vincenzo, che posa lo sguardo sul corpo di lei in trasformazione. In casa nulla deve andare sprecato, i soldi non ci sono, l'igiene scarseggia, il cibo va guadagnato. A scuola, diventa per tutti "L'Arminuta": un'identità che ormai la rappresenta. 
    Nonostante la pipì di Adriana che ogni notte la bagna, la freddezza della nuova madre, troppo intenta a occuparsi delle faccende domestiche e del figlio più piccolo, Giuseppe, nonostante le prese in giro dell'altro fratello, Sergio, in quella vita lentamente ci si adatta. Non può far altro. La speranza, o meglio la convinzione che si tratti solo di una situazione temporanea è viva: sa che sua madre, una volta guarita, tornerà a riprendersela.
    Quando la sorellina viene a salutarla nella nuova scuola, si sente in imbarazzo; far sapere che è la sorella di Vincenzo, considerato un delinquente dai suoi coetanei - ma intelligente dalla professoressa di italiano - la fa sentire a disagio. Proprio Vincenzo, il fratello maggiore, marca ancora di più il periodo di passaggio e instabilità che sta vivendo. 
    Quando poi tornerà in città, il doppio ritorno - questa volta in senso inverso - sottolineerà la trasformazione interiore avvenuta. Molte, troppe cose sono cambiate. Il disagio e l'imbarazzo si ripresentano, ma sotto una veste nuova. Ancora una volta, è "L'Arminuta".

    Terzo.
    L'Arminuta si ritrova nel paradosso di avere due madri, ma di non averne neanche una. Nessuna sente realmente come tale: abbandonata da entrambe, in momenti diversi, e da così diverse donne, da confondere la protagonista. Non ha punti di riferimento, manca un modello da seguire, stabile e presente. Chi è sua madre? La donna pulita e affabile che l'ha cresciuta? O quella più rozza e distratta che l'ha partorita? Quale dei due è il mondo che le appartiene? Città e paese, con le loro peculiarità, rappresentano nel concreto le differenze delle due realtà e simbolicamente i due luoghi di transito, dall'infanzia all'età adulta.

  Scritto dall'abruzzese Donatella Di Pietrantonio e vincitore del Premio Campiello, "L'Arminuta" è un romanzo che si apre sulla vita tangibile di una ragazza in crescita e sul suo dramma familiare, in cui si scontrano differenze territoriali e culturali. Vi si ritrovano alcuni dettagli tipici dell'Abruzzo, a partire dalla lingua. Il linguaggio, schietto ed essenziale, non senza un raffinato tocco di delicatezza stilistica, è caratterizzato dall'uso del dialetto, utilizzato nei dialoghi tra i personaggi del paese, per meglio delineare il ritratto di quello spaccato di società.
    Per alcuni tratti mi ha ricordato la quadrilogia di Elena Ferrante: la protagonista che spicca per la sua intelligenza e diligenza a scuola rimanda a Elena de "L'amica geniale", così come il rapporto tra L'Arminuta e Adriana rievoca l'amicizia tra Elena e Lila. Ma mentre il capolavoro della Ferrante ha bisogno di quattro volumi per completarsi, l'autrice Di Pietrantonio racchiude uno stralcio di vita che si fa parabola di significati svariati - la crisi d'identità adolescenziale, la differenza culturale, il senso di appartenenza, il dramma familiare - in sole 163 pagine.
   Mi sono immersa in questo libro in un giorno: mi ha catturato e non sono riuscita a ricacciare la testa dalle sue pagine se non dopo essere giunta all'ultima.

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