"Finché il caffé è caldo": un libro per chi non ha pretese
Immaginate un bar in un paese del Giappone. Alla parete tre grandi orologi che segnano orari differenti. Senza condizionatore, eppure sempre fresco. Privo di finestre. Aperto notte e giorno, sette giorni su sette. In un locale del genere è facile perdere la cognizione del tempo. Immaginate una sedia e la possibilità di rivivere un determinato momento del passato (o anche del futuro), rispettando specifiche regole, con la consapevolezza che il presente comunque non cambierà.
Kawaguchi T., "Finché il caffé è caldo", Garzanti, 2020. |
"I pilastri robusti e le travi di legno sul soffitto erano di un bel marrone lucido, come i gusci delle castagne. Alle pareti c'erano i soliti tre grandi orologi. I muri erano di intonaco beige, con la patina lasciata da più di cent'anni: le parve tutto bellissimo. La luce soffusa che tingeva di seppia l'intero caffè, anche di giorno, toglieva il senso del tempo. L'atmosfera retrò del locale aveva un effetto confortante. In alto c'era una pala da soffitto, che ruotava lenta senza rumore."
Leggendo "Finché il caffè è caldo", la sensazione è proprio quella di perdersi in un tempo e in mondo lontani.
Quattro storie tra loro intrecciate, che mettono in luce la meravigliosa rete dei rapporti umani: persone legate da vincoli familiari, dall'attesa di un ritorno, dallo stesso sangue nonostante la lontananza. La vita si regge sull'instabile terreno degli imprevisti, i quali creano distanze che a volte appaiono invalicabili: distanze fisiche, ma spesso, soprattutto, mentali. Ad allontanare può essere una malattia, una incomprensione, la morte, l'ambizione o semplicemente la balsamica illusione di avere il controllo delle proprie decisioni.
Successo clamoroso del 2020, si tratta di un libro accattivante e delicato, uno di quei libri che mettono a proprio agio, ma di certo non stiamo parlando di alta letteratura.
Nel suo piccolo, il romanzo mi è piaciuto: ha saputo alleggerirmi. Ma la sua fama mondiale mi spinge a chiedermi quali siano i criteri che definiscono un "buon libro". A livello stilistico c'è poco o nulla da rimarcare. La storia è intrigante, ma non originale (il viaggio nel tempo è un tema già caro alla letteratura e al cinema - mondo da cui proviene l'autore). Il contenuto piuttosto piatto (i livelli interpretativi sono limitati).
Un libro godibile, per chi non ha pretese.
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