Un abruzzese impiantato in America: John Fante e il suo terreno artistico in "Fantiana"
"Questo libro nasce dal desiderio di celebrare John Fante, che ci ha raccontato che non importa se sei italiano, filippino, americano, un vecchio o un quindicenne, uno squattrinato o un ricco signore con la villa a Malibù. Ciò che importa è rimanere vivi, è avere una California da sognare e una Torricella Peligna da portarsi dentro. Sempre."
Nell'introduzione di Gabriele Nero, l'intento della raccolta di testi dedicati all'autore italoamericano emerge chiaramente. "Fantiana" è l'incontro degli appassionati di John Fante che si riuniscono sempre meno casualmente per condividere l'interesse per le sue opere e il suo verbo: incontro che si è fatto tangibile divenendo un libro in cui esponenti culturali di ogni tipo e di ogni dove trovano il loro minimo comune multiplo.
16 contributi, selezionati da Eduardo Margaretto, divisi in 3 parti (dedicate rispettivamente alla famiglia, alle origini italiane e alla metaletteratura), le quali scavano nell'identità artistica dello scrittore e dei suoi personaggi portando in superficie, come minatori in una miniera d'oro, le tematiche fantiane. Dalle caratteristiche differenti ma ognuno prezioso a suo modo, gli interventi scandagliano il territorio letterario e personale dell'artista per oltrepassare la superficie.
John Fante è un artista che o non lo si conosce per niente o lo si ama follemente tanto da aver letto ogni suo scritto. Di origini italiane, impiantate negli Stati Uniti, le sue radici hanno alimentato una linfa ibrida in cui il sentirsi continuamente ai margini della società è stato il vero catalizzatore artistico. Il desiderio di appartenere a una comunità è stata la miccia della continua ricerca dell'uomo e dello scrittore John Fante, fiero e allo stesso tempo incastrato nelle sue origini italiane.
L'essere continuamente "fuori posto", tra gli americani perché troppo italiano e tra gli italiani perché troppo americano, lo ha fatto spesso sentire ai margini della società. Nei suoi personaggi, come gli alter ego Arturo Bandini di "Chiedi alla polvere" o Henry Molise de "La confraternita dell'uva", ma anche in quelli minori, si ripercuote il senso di non totale appartenenza a una comunità, diventando l'emarginazione un tema cardine nei suoi romanzi.
La famiglia, con le sue tradizioni e la sua ambivalenza, è onnipresente. Amata e odiata come qualsiasi rapporto familiare vissuto nel quotidiano, diventa terra sterile della sua alterità, sradicando certi modi troppo "italiani", e allo stesso tempo terra santa da idolatrare. Nel giro di poche righe, nelle opere fantiane, si assiste a bruschi passaggi dal calore affettivo al disprezzo, e viceversa, per un membro della famiglia, a connotare tratti sinceri e realistici della sua arte.
L'American dream, da lui rincorso e conseguito, si concretizza nel lavoro come sceneggiatore hollywoodiano, ma la vitalità dell'artista precede tale realizzazione. Lo stimolo alla creatività è stato proprio la miseria, e aggiungerei l'italianità della povertà, in contrasto al benessere americano a cui si ambiva dall'altra parte dell'oceano. Nonostante i viaggi di Fante, sebbene fosse giunto a due passi dal suo paese di origine, decise di non visitare mai Torricella Peligna, per non dissacrare l'idea che aveva costruito nella sua mente, per conservarlo come egli stesso l'aveva immaginato e fare in modo che potesse sopravvivere al degrado del tempo e della materialità, come un tempio della creaitività e della memoria da preservare intatto.
Che tu ami John Fante o che non lo conosca affatto, "Fantiana" è il libro che fa per te: il punto di partenza per incamminarsi verso un labirinto artistico sulla scia dei saggi che fanno da filo conduttore, o il sunto a cui giungere per rinnovare una ricerca letteraria che non ha confini.
Su John Fante si potrebbe scrivere ancora e ancora, ma avremo la possibilità di chiacchierare direttamente con una delle autrici del libro, per questo motivo mi interrompo qui, lasciando curiosità e approfondimenti all'imminente incontro...
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