In vetrina: "Io, tu e le Piramidi", il romanzo d'esordio firmato Limbrunire
Celeste che cattura, sole-arancia che abbaglia, una mano sulla spalla: una copertina che sa di caldo. E quel titolo, che rafforza l'impatto semantico del calore, col riferimento alle Piramidi, incuriosisce. Cosa c'entrano le Piramidi te lo chiedi sin dall'inizio, poi continui a interrogarti ogni tanto nel corso delle pagine, finché, totalmente assorbito dalla scrittura, te ne dimentichi. (Dalla scrittura sì, perché è il connubio tra lessico e sintassi a intrigare). Ed è allora che la risposta, ambigua e aperta, comunque si rivela.
"Io, tu e le Piramidi" è il primo romanzo di Francesco Petacco, in arte Limbrunire, un cantante e musicista ligure che ha sfruttato le sue doti artistiche per dare vita a questo gioiellino di 145 pagine, edito da Nulla Die Edizioni.
Tre personaggi che si raccontano, alternando le loro storie, ma, al di là della fatidica domanda "Di che parla?", sono le parole ad ammaliare. Una scelta lessicale e un accostamento di immagini che affascinano.
Un coro maschile a tre voci, inizialmente confuse nella sonorità testuale, poi via via sempre più distinte l'una dall'altra: il ragazzo innamorato di Marla, appassionato di ciclismo e in cerca di lavoro; lo "zio d'America" che attraversa l'oceano con pochi averi e la speranza negli occhi; l'uomo sposato con Bibi e padre della piccola Norah, che viene messo di fronte alla scelta tra futuro e passato dall'incontro con la vecchia "amica" Sofia.
Le storie di Davide, Mario e Fil si alternano attraverso brevi capitoli incentrati su episodi o pensieri cardine, senza fronzoli o dettagli innecessari, in modo da far emergere numerosi temi che convivono tra loro, senza rubarsi la luce a vicenda. Emigrazione, viaggio, musica, persecuzione ebraica, crisi matrimoniale, crescita personale e professionale, paternità: c'è spazio per tutto in quello che può essere definito un romanzo di formazione.
Alcune tematiche sono affrontate talmente bene e tanto sono cariche di pathos alcune descrizioni di stati d'animo che si stenta a credere non ci sia lo zampino di un'esperienza vissuta in prima persona dall'autore. Personalmente, ho apprezzato, tra le altre cose, i passaggi dedicati alla paternità, in cui uno dei protagonisti ventiseienne valica la porta delle responsabilità, verso una vita che sa di altra vita, verso un nuovo battito, un futuro sommerso da dubbi, interrogativi, incertezze, che culminano, però, in una esplosione di amore incondizionato.
Mamma mia quanto è destabilizzante e dannatamente meraviglioso tutto questo: fino a pochi giorni fa lui non c'era. era accovacciato all'interno di un congegno perfetto, rannicchiato in una cattedrale di respiri e battito sincronizzato, planetario di sinergie e liquido amniotico, e adesso è qui davanti a me, qui con me nel mio poco conto.
La finestra sul tempo si amplia, abbracciando il passato in un presente in cui confluiscono le storie degli altri personaggi, in un intreccio sfiorato e mai calcato. Narrazione in prima persona, accenni di flusso di coscienza, dialogo: la varietà tematica è affiancata alla varietà stilistica, ma a prevalere è uno stile che definirei "visionario", ricco di immagini accostate e rivisitate che si sostituiscono agli stati d'animo per farsene portavoce. Lo stile segue un pentagramma di note alte e basse, di ritmi distesi e accelerati, che sono alla base della vita stessa.
Alcune immagini sembrano pennellate di colore e forme che conferiscono un'idea olistica attraverso particolari ammalianti, come il passo che segue, tanto per darne un esempio.
E guardo fuori dalla finestra, la luna emana una luce bluastra che non vedevo da un sacco, il cielo stanotte è un dipinto di Gaugin, un saltimbanco, la tramontana agita i rami dell'oleandro e lascia cadere foglie sul tetto di un'auto parcheggiata a lisca di pesce. La collina sembra il carapace di una tartaruga, la gobba di un dromedario, la cassa armonica di un violino, ripeti Paganini, ripeti ancora e non ti fermare.
Ad accomunare i tre protagonisti è l'evoluzione: il movimento che li conduce verso qualcosa, che sia un luogo, un progetto o una scelta. Attraverso episodi di vita e pennellate di colore qua e là, questo universo maschile matura e il tempo trascorre, giungendo ad una conclusione, che è individuale per ciascuno di essi, ma che confluisce nel finale del testo in una frase che riporta a dove tutto è iniziato: "Io, tu e le Piramidi!".
Un po' alla Richard Brautigan in "Trout Fishing in America", il finale mi ha spiazzata: c'è, ma lascia il lettore con l'appetito ancora inappagato, come dopo aver assaggiato un dessert. Il piacere è ancora sul palato, quando ci accorgiamo di aver già ingoiato l'ultima forchettata.
Celeste che cattura, sole-arancia che abbaglia, una mano sulla spalla: una copertina che sa di caldo. Un trittico di elementi come la trinità dei personaggi presentati. E l'ultima pagina che si chiude in un abbraccio su quegli spaccati di realtà, che ci appare immensa come l'azzurro del cielo, aspra come l'agrume che scalda, concreta come quella mano nascosta.
Faraonico
RispondiEliminaMai aggettivo fu più pertinente.
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