"Iconoclast Posters": la creatività nella distruzione. Intervista all'autore Marco De Luca

iconoclasta
/i·co·no·clà·sta/

sostantivo maschile e femminile
1. Distruttore di immagini sacre; seguace o fautore dell'iconoclastia.
2. FIG. Critico, spregiudicato e irriverente, di principi e credenze comuni; come agg., spinto o motivato da un'indiscriminata polemica distruttiva.

De Luca M., "Iconoclast Posters",
2020, El Doctor Sax

Una raccolta di immagini, miniature dei poster realizzati dall'artista Marco De Luca. Icone della nostra cultura rivisitate, dissacrate e reinterpretate. Un titolo che accompagna ogni immagine. Un breve testo, talvolta, a descriverlo. Pagine che possono essere strappate e riutilizzate. Un omaggio alla creatività della distruzione che si fa esso stesso libro da riutilizzare.

Per conoscere questa raccolta, edita da El Doctor Sax, innanzituto bisogna osservare. Per darvi un'idea di ciò di cui si parla, vi invito a visitare la pagina Instagram dell'artista @iconoclastposters. Per comprenderla, invece, bisogna rifletterci su e interpretarla in maniera soggettiva. Leggere le parole del suo autore, però, può essere illuminante, per questo vi lascio alla sua intervista. Vale la pena leggerla tutta!

In tre parole, chi sei?

Non possiedo spiccate capacità di sintesi, ma potrei definirmi:

Marco De Luca

o

un matto pentito

o

uno studioso dell’immagine politica nell’ambito educativo e scolastico.

Cos'è "Iconoclast Posters"?

Iconoclast Posters è il nome del mio negozio d’arte in linea [https://www.etsy.com/shop/IconoclastPosters], ed ora è un libro tascabile che può diventare una galleria d’arte, all’occorrenza, un crossover tra l'intimità del libro di lettura e il manifesto che grida dalle pareti di una strada. Una idea geniale del mio editore, El Doctor Sax.

Un libro che si legge attraverso le immagini: c'è un messaggio o un fine ultimo che le accomuna?

Ci sono in comune un atteggiamento, una postura di fronte al mondo che è da un lato la critica (a volte spietata) degli oggetti culturali che consumo, volontariamente o coercitivamente; dall’altra la celebrazione di figure del passato che hanno lottato per un mondo migliore, spesso senza essere compresi, e che per questa incomprensione sono stati consumati e distrutti dal loro stesso ideale. 

Viviamo nell'era dell'immagine. Quanto, come e in che circostanze può sostituire la parola?

Non credo che l'immagine possa sostituire la parola, che ci permette di descrivere suoni, situazioni complesse nel tempo e odori, emozioni profonde e introspettive che l'immagine riesce a rappresentare solo parzialmente, come è anche vero che la parola senza immagine non avrebbe effetto sull’immaginazione. Sono mondi distinti, non contrapposti, e complementari. La famosa immagine di Obama avrebbe perso molta della sua carica espressiva senza la scritta “Hope”.

In "Iconoclast Posters" ogni poster è accompagnato da un titolo descrittivo, che potenzia il tratto provocatorio dell'immagine. C'è un tentativo di far riflettere le persone su determinate tematiche? 

In un primo momento sono nati i poster, che in generale sono accomunati da una mia necessità di riflettere su ciò che non comprendo, come quando da bambino uno smonta un giocattolo e lo ricompone, per il gusto di capire come è fatto. Poi però a volte uno fa degli esperimenti e cambia le teste dei robot, e viene fuori qualcosa di nuovo, provocatorio. Pro-vocare, sempre un richiamo a un vantaggio superiore e più autentico. La possibilità che mi è stata data da El Doctor Sax di raccogliere queste opere in un libro mi ha permesso di fare una meta-riflessione sulle opere stesse, e di nominarle (atto creativo per eccellenza), a volte per chiarirne il senso, altre volte per renderle ancora più enigmatiche.

A quale lettore/osservatore ideale è rivolto?

A chi piacciono l'ironia, l’autoironia, la satira, il sarcasmo, i temi sociali, la politica. È rivolto al curioso, a chi, come me, sa di non sapere ancora abbastanza e vuole vedere le cose da prospettive differenti.

Per comprendere le tue creazioni è richiesto un certo background culturale, che abbracci conoscenze politiche, letterarie, linguistiche, filosofiche, sportive... Quanto pensi vengano realmente comprese e quanto lasci volutamente alla libera interpretazione?

Purtroppo o per fortuna le immagini, le parole, i fatti portano con sé un certo livello di ambiguità, ed è su di essa che spesso gioco nel mio processo creativo. Se non vengono comprese come io vorrei, non importa, sperando che non ne venga intenzionalmente stravolto il senso in direzione contraria. Ma anche in questo caso, è quello che faccio io stesso quando mescolo le immagini originali. A volte non si comprende il senso generale dell’opera, il retroterra culturale, ma si apprezza quello estetico e viceversa. Se la si sa usare, la tecnologia oggi ci può offrire possibilità di conoscere personaggi storici e apprendere situazioni nuove in tempo reale, dal caldo delle nostre case, con strumenti che abbiamo davvero a portata di mano, come lo smartphone. 

Ma a me basta che l’osservatore/lettore si incuriosisca, che venga attratto anche solo dall’aspetto enigmatico della mia opera. D’altronde credo che sia vero che “non esistono i fatti, ma solo le interpretazioni dei fatti”. Vale anche per le opere d’arte. Inoltre, non sarebbero tanto affascinanti le opere d’arte, se esistesse di esse una interpretazione univoca. Mi piacerebbe di più che le mie opere distruggessero le certezze invece di costruirle.

Icone del nostro secolo (da Charlie Chaplin a J.F. Kennedy, dalla Coca Cola a Stalin, per citarne solo alcuni) sono rivisitate e rilette in una visione stravolta: quanto c'è di concettuale nella tua arte e quanto è puro estetismo?

C’è da sempre in me questo aspetto sovversivo, di mettere le cose sottosopra, di lasciare i calzini in giro, di dire una verità oscena piuttosto che recitare una farsa. 

Prendendo le cose alla lettera: vedere le mappe, i planisferi, i globi terrestri rappresentati sempre e solo col Nord verso l’alto mi ha abbastanza scocciato. Ho avvertito un grande senso di liberazione qui in Messico al vedere una cartina geografica del continente americano prodotta dai collettivi zapatisti: l’estremo Sud della Patagonia era rappresentato all’insù e l’Alaska all’ingiù, nella parte inferiore della mappa. 

Coi miei poster iconoclasti cerco di esprimere la mia visione sulla realtà, decodificandola e assegnando nuovi codici, perché il mio lavoro è più logica che arte figurativa, più politica che estetica. Allo stesso tempo cerco di organizzare il discorso grafico in una forma appetibile visivamente per lo spettatore/lettore. Che convivano Stalin e la Coca Cola è una contraddizione creata più dalla Storia che da me, io mi approfitto volentieri di questo bipolarismo!

In questo senso rivoltoso va anche il mio prossimo libro "Reypueblo", della stessa collana “Madcap Laughs” della casa editrice valenciana El Doctor Sax. Tratta di un ragazzo dalle umili origini, nato in Argentina, che col suo talento e la sua determinazione riesce a guidare una squadra di calcio e una intera metropoli del Sud Italia a vincere due scudetti e una Coppa Europea. L'epopea del ragazzo di umili origini e di bassa statura continua: riesce a rubare il portafogli e un Mondiale alla Regina d’Inghilterra, giungendo col suo popolo in cima all’Olimpo Calcistico, toccando il cielo con un gol di mano e convertendosi in una icona globale. Per ultimo cade nel vizio come gli dèi greci, in una parabola eroica tra l’umano e il divino, rendendo il mito più umano e per questo più reale e accessibile. Si tratta - lo avrete capito - di un tributo a Diego Armando Maradona, che ci ha lasciati tre mesi fa per diventare eterno.

C'è qualche artista, fondamentale per la tua formazione, a cui ti ispiri?

Mio padre, Enzo De Luca, che tornava stanchissimo da turni di otto ore in fabbrica, ma ogni sera dedicava almeno un paio d’ore alla pittura ad olio, al ritratto a carboncino, a sfogliare riviste d’arte. 

Il mio amico e parente Franco Ferraro, architetto, artista della pre-Sila cosentina, del quale ho ammirato da piccolo un poster con forte carica politica e sociale, spinto poi da un impellente impulso di appenderlo nella mia cameretta. Ho avuto l'occasione e la fortuna di parlare con lui qualche anno fa del progetto artistico che avevo in mente, ricevendo ottimi consigli teorici.

E poi il cantautore Rino Gaetano, che mi ha insegnato che si possono affrontare problematiche serissime anche con una fragorosa risata, il punk ´77 in generale, e specialmente i Clash e gli Stiff Little Fingers, che hanno fatto politica attraverso la loro arte e hanno creato con atteggiamento autodistruttivo.

Ma anche personaggi storici e movimenti come Nedd Ludd e i luddisti, che distruggevano le macchine per distruggere i meccanismi di sfruttamento, e ovviamente il movimento iconoclasta bizantino che (forse sbagliando bersaglio) ha distrutto le Icone per fare sparire l’idolatria e recuperare una dimensione di fede più autentica.

Nella quarta di copertina è riportato: "Passo metà del mio tempo a costruire i miei idoli e l'altra metà a distruggerli." Quanta creazione c'è nella distruzione?

Siamo abituati a vedere le cose contrapponendole, una deformazione che viene accentuata dalla società competitiva in cui viviamo. Creazione e distruzione non sono necessariamente contrapposizioni, ma processi che si alternano, ciclicamente. Il Novecento è stato attraversato caoticamente da grandi ideologie che si basavano sui miti della conflagrazione di un mondo vecchio e la Palingenesi di un mondo nuovo. Sembra quasi che volessero distruggere tutto per poter costruire nuovamente tutto.

Io invece cerco di decostruire e riportare alla dimensione umana, a volte sbeffeggiando, le “icone” del cinema, della musica, della politica, dello sport, perché la società crea e impone miti, divinità, leggende, deifica tiranni, osanna generali e presidenti che in fondo altro non sono che assassini seriali. Siamo abbastanza sadici, come Umanitá, a scegliere noi stessi i leader che poi ci opprimeranno. 

Allo stesso tempo cerco di convertire in Icona (in immagine sacra che possa emanare un'aura di ricomposizione pacifica e catartica) quelle personalità che ritengo abbiano contribuito con i loro ideali e le loro opere a diffondere un senso di umanità, personaggi tutt’altro che idolatrati.

L’Occidente stesso e la Cristianità si fondano su un anti-idolo diventato icona, Cristo Crocifisso che ha sovvertito la morale e la religiosità di una piccola élite economica e intellettuale contaminata però dalla superbia e dal legalismo di norme superficiali ed esteriori. Ha insegnato che bisogna morire, consumarsi, distruggersi e bucarsi le mani e i piedi per poter dare frutti, per costruire un mondo nuovo.

Ciclicamente sorgono personaggi che mettono in discussione le fondamenta della società e le norme precostituite. Spesso vengono osannati dai loro sostenitori, ma osteggiati dalle gerarchie a tal punto de essere bruciati vivi o assassinati. Penso al destino di Jan Hus al criticare la corruzione delle gerarchie ecclesiali o agli assassinii di Stato ai danni dei “Freedom Fighters” (perdonatemi l’anglicismo) Malcolm X, Martin Luther King. 

Infine, penso all'autoimmolazione di Jan Palach, lo studente bruciatosi vivo durante la Primavera di Praga, in opposizione all'invasione sovietica del 1968, e al monaco buddhista che si diede fuoco per protestare contro l'occupazione statunitense del suo Vietnam nel 1963, rappresentato sulla copertina dei Rage Against the Machine (album omonimo). 

Sono atti che apparentemente sembrano autodistruttivi, ma che rappresentano la fede in un mondo libero dall'oppressione, ben diversi dagli atti terroristici o dai bombardamenti in nome della Democrazia.

Nella stessa ottica va interpretata l'intenzione di creare un libro che si distrugge, dando la possibilità di utilizzare le pagine?

Mi hanno sempre affascinato e spaesato i mandala dei monaci buddhisti tibetani, opere geometriche molto complesse e dal simbolismo cosmico, fatte di pigmenti di sabbia colorata. La sabbia viene distribuita minuziosamente durante un rituale di meditazione, che ammetto di non conoscere appieno, e quando l'opera è completa, la sabbia viene spazzata via bruscamente dalla mano di un monaco, con un solo gesto che scompiglia tutta l'armonia della figura. Li interpreto, forse sbagliandomi, come un tentativo di prendere tutti i disastri e i cataclismi della vita con imperturbabilità, cosa molto difficile per me, ma che mi fa pensare a come la vita e le persone, per quanto stupende, siano destinate a passare, perché nulla sulla Terra è eterno. Nemmeno il nostro libro!

Ad ogni modo, non avevo pensato finora a questa caratteristica del mio libro, perché, come ho detto, è un’idea geniale di El Doctor Sax: tu hai colto più di me quest'intenzione iconoclasta sulla quale non avevo riflettuto. Hai capito e svelato le nostre intenzioni anche a noi stessi che abbiamo prodotto questo libro. Sei in fondo la più iconoclasta di tutti! 

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