A tu per tu con Liz Chester Brown, alla scoperta del suo romanzo "Io sono una famiglia. Il gabbiano"

Famiglia: una parola che, come un'eco d'amore, risuona a distanza di tempo portando con sé significati molteplici, quali conforto, sicurezza, calore. Eppure il nido può nascondere anche sfumature più ombrose, come incomprensioni, malesseri, se non addirittura violenze psicologiche. 

Nel romanzo "Io sono una famiglia. Il gabbiano", Liz Chester Brown  descrive la crescita di Arianna in un ambiente familiare poco sereno, a causa delle insoddisfazioni materne. Ripercorrendo il passato dei genitori, l'autrice rintraccia le cause dei comportamenti esagerati della madre, la quale rappresenta un enorme ostacolo per l'autostima e la realizzazione personale della figlia.

Tradizionalista, desiderosa di avere un figlio maschio, invidiosa e offensiva: il carattere freddo della madre è bilanciato da Francesco, un padre affettuoso e amorevole, che, con tempramento mite e delicato, guida Arianna e i suoi fratelli verso una propria libertà.

Quanto la famiglia influenza l'identità della persona? Quanto il raggiungimento di obiettivi personali dipende dal supporto che riceviamo da piccoli? Come conciliare il ruolo di donna e artista con quello di moglie e madre? Questi sono alcuni degli interrogativi che emergono dai fatti delineati del racconto.

Scopriamo di più tramite le parole della stessa autrice.


1. Com'è nata l'idea che ha dato origine al romanzo?

Semplicemente, come capita a tanti, ho voluto scrivere la storia della mia vita…

2. Il tema fondamentale alla base del racconto è la famiglia, tanto da essere inizialmente la vera protagonista. Che cosa rappresenta e che ruolo ha nelle dinamiche del romanzo?

La famiglia rappresenta il fulcro di tutta la storia. È all’interno della famiglia che si snodano tutte le dinamiche: sia quelle negative che quelle positive. Quelle che forgeranno la vita di Arianna, nel bene e nel male. 

3. Se dovesse esprimere il significato della famiglia con una sola parola, quale sceglierebbe?

Condivisione. 

4. La figlia Arianna si afferma nel corso della lettura come personaggio principale. Il nome rimanda al famoso mito. Qual è il legame tra la narrazione e il mito?

È un mito “rovesciato”, se vogliamo. Nel mio romanzo è Teseo che dà il filo ad Arianna… Ma il concetto, la metafora regge comunque: il minotauro è la bestia, la malattia; Teseo è pur sempre l’eroe che deve affrontare il minotauro.  Il finale, è diverso. Ma forse, per Arianna è un finale migliore di quello che le ha riservato la leggenda greca. E... mi viene da aggiungere che il mio Teseo si rivela più altruista del Teseo greco.

5. L'universo femminile è variegato: dalla mamma-Minotauro alla amorevole zia Lisetta, Arianna ha diversi modelli. Come è possibile per una donna raggiungere il successo professionale e/o artistico senza rinunciare ai doveri familiari? Bisogna necessariamente rinunciare a qualcosa?

Bisogna, a mio parere, rinunciare al “troppo”. In “aurea mediocritas” dicevano i romani che non vuol dire accontentarsi, essere mediocri, come purtroppo oggi viene interpretata la famosa locuzione di Orazio. Ma al contrario sviluppare il meglio di noi in più direzioni alla ricerca di un equilibrio che ci renda sereni. Né eccessi, né pudori; non prosopopee né tantomeno frustrazioni.

Un uomo/una donna “troppo/a” all’inseguimento del successo sul lavoro rischia di perdersi il mondo dei figli e della famiglia: un patrimonio fatto di momenti, di sensazioni, di sentimenti e di giornate che non torneranno più. Al parimenti un uomo/una donna “troppo” incentrati sulla famiglia risulta limitante e limitativo per sé e per i componenti del nucleo familiare, con tutto quello che ne comporta…

Francesco del libro, mio papà, al di là della situazione contingente, ha saputo conciliare bene lavoro e famiglia. Magari ha rinunciato a fare carriera ma ha sempre onorato il suo lavoro e svolto al massimo delle sue capacità ottenendo ottimi risultati; e nel frattempo si è goduto noi figli come pochi papà riescono a fare. Una ricchezza per lui… e anche per noi, ovviamente.

6. Nel romanzo, rivivono vecchie tradizioni, come giochi all'aria aperta o usanze familiari restrittive. Quanto possiamo apprendere dal passato e quanto, invece, dovremmo andare oltre certi limiti?

Anche in questo caso, un giusto equilibrio. Giochi all’aperto ma anche nell’intimità della casa; modalità di educazione all’interno della famiglia che aprano gli spazi della mente; che diano libertà di movimento e di pensiero. Senza dimenticare che la libertà di ciascuno di noi finisce dove comincia la libertà dell’altro. Che libertà è responsabilità.

7. Qual è il ruolo della musica?

La musica è tutto. La musica è il battito del cuore della mamma quando sei nel suo grembo. La musica è la vibrazione delle nostre corde interne. La musica è apertura della mente; la musica è… il mondo delle emozioni. Il loro linguaggio allo stato puro. Non c’è altra arte della quale noi esseri umani siamo così “impastati”.

8. Qual è, se c'è, il messaggio che vorrebbe trasmettere al lettore?

Il messaggio che sottende tutto il libro, la forza che sottende tutta la storia, che ritroviamo anche nei momenti più bui... è l’amore. 

In musica, le pause, i silenzi, fanno parte anch’essi della partitura. Sono anch’essi “musica”. Sono l’afflato della musica. 

Lo stesso accade per l’amore: anche nei momenti nei quali sembra che non ci sia… c’è. È presente: è l’afflato della nostra vita. 

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Per scoprire di più sul romanzo, visitate il sito a esso dedicato:

https://www.iosonounafamiglia.com/

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