"La vita bugiarda degli adulti": la contrastante ricerca adolescenziale del proprio io adulto
"La vita bugiarda degli adulti" è l'ultimo romanzo di Elena Ferrante, uscito a fine 2019. Sin dal titolo, emegono due fulcri tematici su cui ruota l'intera storia: la vita adulta e la menzogna, in contrasto rispettivamente all'adolescenza e alla verità.
La narrazione, in prima persona, è portata avanti dalla protagonista di nome Giovanna, una ragazza di tredici anni, figlia unica, che vive con i genitori, Nella e Andrea. L'incipit apre da subito la strada alla spaccatura che accompagnerà l'intero racconto: una frase pronunciata dal padre, ignaro di essere ascoltato dalla figlia, funge quasi da epifania, svegliando la ancora innocente Giovanna e mettendola di fronte a un dubbio da chiarire. La stessa frase, inoltre, la allontana dal padre amorevole, creando un distacco irrimediabile con le certezze avute fino a quel momento.
"Due anni prima di andarsene di casa mio padre disse a mia madre che ero molto brutta. La frase fu pronunciata sottovoce, nell'appartamento che, appena sposati, i miei genitori avevano acquistato al Rione Alto, in cima a San Giacomo dei Capri. Tutto - gli spazi di Napoli, la luce blu di un febbraio gelido quelle parole - è rimasto fermo. Io invece sono scivolata via e continuo a scivolare anche adesso, dentro queste righe che vogliono darmi una storia mentre in effetti non sono niente, niente di mio, niente che sia davvero cominciato o sia davvero arrivato a compimento: solo un garbuglio che nessuno, nemmeno chi in questo momento sta scrivendo, sa se contiene il filo giusto di un racconto o è soltanto un dolore arruffato, senza redenzione."
Trama e commento
Dall'incipit emergono già gli snodi principali del racconto: una frase che funge da frattura, il distacco dal padre, il senso di smarrimento non ancora superato e il desiderio di redenzione. Ci troviamo a Napoli, ambientazione cara alla (s)conosciuta autrice. Le parole che Giovanna ascolta dal padre non sono esplicitamente legate alla sua presunta bruttezza, ma all'associazione con zia Vittoria, una donna con cui ogni legame era stato reciso da tempo. Da qui ne scaturisce una doppia ricerca: quella della zia, in concomitanza alla ricerca di se stessa. Quando la giovane protagonista, contro la volontà dei genitori, riesce a cucire i rapporti con quella zia dimenticata e ombrosa, viene in contatto con una realtà completamente diversa, fatta di dialetto, volgarità, immediatezza, ben lontana dall'educazione cristallina in cui era vissuta fino a quel momento. Conosce, così, anche altri protagonisti di quella Napoli differente, in particolare i figliocci di zia Vittoria: Corrado, Tonino e Giuliana.
"Mi chiamarono Giannina, come mi chiamava Vittoria e come i miei non mi avevano mai chiamata. [...] Cominciai a pensare che quel nome assegnatomi da Vittoria - Giannina - avesse fatto miracolosamente nascere dal mio stesso corpo un'altra persona, più piacevole o comunque diversa dalla Giovanna con cui ero nota ai miei, ad Angela, a Ida, ai compagni di scuola."
Assistiamo alla scissione della protagonista, resa evidente dal nuovo battesimo: non più, o meglio non solo Giovanna, ma Giannina. La spaccatura, prospettata sin dall'inizio, assume tratti evidenti: da un lato il passato, i genitori, le abitudini, la buona condotta, le sue certezze, le vecchie amicizie, Angela e Ida; dall'altro, il dubbio, il sesso, l'amore, il tradimento.
Tematiche e personaggi
La frattura iniziale crea una tensione tematica su diversi aspetti. I temi principali sono, di fatto, in contrasto tra loro: verità e bugia, adolescenza e vita adulta, Nord e Sud, sesso e amore.
Giovanna scopre presto che i genitori, per quanto vietino le bugie, sono i primi a nascondere la verità e impara anche lei a modificare la realtà circostante con il tocco del linguaggio, che si fa uno strumento di creazione e distruzione. Conoscendo la potenza di quest'arma sottile, Giovanna si nasconde, addolcisce o esagera quanto percepisce, non senza un pizzico di dolore, perlomeno all'inizio.
"Intanto imparai sempre più a nascondere ai miei genitori ciò che mi accadeva. O meglio, perfezionai il mio modo di mentire dicendo la verità. Naturalmente non lo facevo a cuor leggero, ne soffrivo."
Diventare adulti significa perdere la propria innocenza e iniziare a mentire consapevolmente. Diversi esempi di adulti, però, le si prospettano davanti: i genitori, educati, gentili, ma fragili e falsi; zia Vittoria, autentica, ma sboccata e ignorante; Giuliana, bellissima e affabile, ma insicura; Tonino, rispettoso e garbato, ma irruento quando "non ci vede più"; e infine, Roberto, il ragazzo di cui si innamora: dolce, risoluto, dotto e incapace di spezzare il legame con le sue origini. A chi assomiglierà lei da grande?
Un ruolo importante è quello che assume Roberto nella seconda parte del racconto. Roberto simboleggia la possibilità di evadere dalla propria terra di origine: è un giovane promettente di venticinque anni trasferitosi a Milano, che scrive articoli giornalistici, legge molto, crede in Dio e ammalia tutti con le sue doti oratorie. Per quanto il personaggio sia in opposizione alla volgarità e all'ignoranza della vecchia Napoli, lui non rinnega la sua appartenenza a quelle origini, anzi, il fidanzamento con Giuliana è il pegno per tenere vivo quello stesso legame. Riuscire a conquistare Roberto a discapito dell'amicizia con Giuliana significa tradire la fiducia e diventare come zia Vittoria; riuscire a essere un giorno la fidanzata di un ragazzo come Roberto significa, invece, redimersi.
Il finale: parliamone
Non è mia intenzione spoilerare i dettagli della trama, ma voglio condividere con chi ha ultimato la lettura le mie impressioni a proposito del finale. A me ha lasciato basita e non penso di essere stata l'unica a percepire un certo sconcerto nella conclusione, a mio avviso, accelerata. Rispettando la logica della narrazione, il finale non è fuori luogo, al contrario rappresenta la scelta consapevole della protagonista verso la vita adulta: Giovanna decide chi sarà in futuro, decide che la sua faccia non assomiglierà alla "cattiva" zia Vittoria, ma seguirà le orme più di una Giuliana. Il che non esclude il commettere errori.
Analizzando le ultime pagine, ho apprezzato la cruda sincerità con cui l'autrice descrive un atto sessuale scevro da sentimentalismi e candori. Ma, se da un lato Elena Ferrante sfata il mito della "prima volta", che spesso incombe sulle ragazze come un peso, dall'altro il messaggio che traspare è che il vero passaggio dall'adolescenza alla vita adulta è rappresentato dal sesso. Messaggio fuorviante.
Stile e commento
L'architettura sulla quale Elena Ferrante costruisce i suoi racconti ha una precisione accattivante, per non parlare della maestria indiscutibile con la quale tesse la narrazione attraverso il linguaggio. Assodato, quindi, che anche "La vita bugiarda degli adulti", come i precedenti libri, valga la pena di essere letto fosse solo per il suo stile, a mio avviso si tratta di un romanzo interessante, ma non brillante.
Inevitabile è l'associazione con la ormai ben nota quadrilogia de "L'amica geniale", da cui si fa fatica a separarsi, soprattutto se alcune tematiche sembrano tornare. L'ambientazione e il contrasto tra Nord e Sud, l'istruzione e l'ignoranza, la ricerca della propria identità sono temi ricorrenti ed è difficile non risultare ripetitivi. In quest'ultimo libro, però, si accentua il passaggio dall'adolescenza all'età adulta, senza soffermarsi sul prima e sul dopo, ma solo sulle ambiguità, incertezze, dubbi, pensieri ed errori di quella fase circoscritta.
Non manca la crudezza del racconto e l'intenzione di coinvolgere il lettore senza incantarlo con il miele dei sentimenti, bensì con l'astuzia delle parole nude, spogliate da facili inganni.
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