"Mr Gwyn" e "Tre volte all'alba": due libri interconnessi indipendenti

   Stile secco, ma denso: è questo Baricco, ormai lo conosciamo. La sua scrittura è come il grumo di colore rappreso a un pennello prima immerso nella pittura: un concentrato di materiale in poco spazio. Non tutti i suoi libri mi piacciono allo stesso modo - ovviamente, aggiungerei -, ma ci sono delle qualità notevoli che in lui apprezzo molto. Tra tutte, la "magia della storia". Ogni racconto è una storia a sé, tanto comune nei sentimenti descritti quanto singolare per i dettagli che la valorizzano, come a sottolineare che, nel marasma della vita in cui sembrano riciclarsi stati d'animo ed esperienze, ogni vità, in realtà, è unica.


   Recentemente, ho letto due libri dell'autore italiano, strettamente connessi tra loro: "Mr Gwyn" e "Tre volte all'alba". Strettamente connessi, è vero, ma totalmente indipendenti l'uno dall'altro. Capirete perché.

   "Mr Gwyn", 158 pagine di romanzo pubblicate nel 2011, è la storia di uno scrittore inglese di successo, Jasper Gwyn, che decide di smettere di scrivere. Smettere di scrivere, però, non è come smettere di fumare, di mangiare carne o di fare yoga; smettere di scrivere è come smettere di respirare, bere, dormire. Uno scrittore non può mai davvero smettere. Ed è così che Mr Gwyn trova un espediente per sopravvivere nonostante la sua volontaria rinuncia: fare ritratti. Non disegnare ritratti; "copiare" ritratti. Si rinventa nel mestiere di "copista", studiando tutto alla perfezione. In una location scelta accuratamente, nella luce di lampadine costruite da un artigiano di Camden Town, Mr Gwyn osserva per un mese la persona che intende farsi ritrarre. Nel silenzio. In gesti imbarazzati, che si fanno sempre più naturali. Nella ricerca interiore del proprio posto. Con il fine di "riportarli a casa". 
   Il primo ritratto è quello realizzato per Rebecca, una ragazza che diventerrà ben presto sua complice e collaboratrice. L'esperimento funziona. Altri soggetti umani si susseguono poi, creando una rete di ritratti, che rimandano ad altro. Rete, scoperta solo anni dopo, quando il famoso copista pare sia sparito...

   "Tre volte all'alba" si apre con una nota dell'autore, il quale lo definisce una sorta di sequel di "Mr Gwyn". Nel romanzo precedente, di fatti, si accennava ad un libro scritto da un angloindiano, Akash Narayan, intitolato proprio "Tre volte all'alba". Alla nota dell'autore, segue la dedica a rafforzare il legame: "a Caterina de' Medici e al maestro di Camden Town". La dedica è un chiaro riferimento all'artigiano del quartiere inglese e alle sue lampadine, chiamate appunto "Caterina de' Medici". Nonostante queste premesse, come sottolinea lo stesso Baricco, il libro può essere letto anche da chi non conosce la storia di Mr Gwyn, perché ogni libro ha una vita propria.
  Tre storie che si svolgono all'alba. La stessa alba in tre storie. Dialoghi diretti, senza intermezzi; personaggi di cui non sappiamo il prima né il dopo; spezzoni di vita estrapolata da un contesto ignoto. Ad accomunare le tre storie, c'è l'alba di mezzo, "la luce migliore per sentirsi puliti".  Neanche a farlo apposta, ho letto le 94 pagine del libro d'un fiato, tra le 4:30 e le 6:00 di mattina, mentre il sole lentamente ha iniziato a fare capolino sull'orizzonte e a illuminare la mia stanza. 
   Un libro "pulito". Della durata di un'alba. Della stessa immediatezza. Dello stesso splendore. 


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