C. Caboni, "Il sentiero dei profumi": bocciato

   "Il sentiero dei profumi" è il romanzo d'esordio della scrittrice Cristina Caboni, che ha riscontrato un notelvole successo. Pubblicato nel 2014, il racconto è un percorso olfattivo - come suggerisce il titolo - che si attraversa sin dalle prime pagine, grazie all'attenzione data all'esperienza sensoriale e alle emozioni evocate dai profumi. Oltre alla trama e alle descrizioni dedicate al campo semantico degli odori, ogni capitolo si apre con la nota specifica di una fragranza. Nonostante la tematica, che sembra ripercorrere la scia dell'insuperabile maestro Süskind (citato nel testo), il libro risulta carente di profondità e originalità. Vediamo perché.

C. Caboni, "Il sentiero dei profumi",
Garzanti, 2014.


   Protagonista è Elena, una giovane donna che, come molte ventiseienni, si trova in un periodo di stasi della sua vita, periodo che solitamente precede l'evoluzione netta dovuta alla formazione di una famiglia, a un nuovo lavoro, o semplicemente alla ricerca di se stessi. In seguito alla brusca rottura col suo fidanzato Matteo, decide di trasferirsi da Firenze a Parigi per raggiungere l'amica Monique e lavorare in un rinomato negozio di profumi. I profumi, d'altronde, sono sempre stati parte integrante della sua vita, dal momento che sua nonna Lucia le aveva insegnato le antiche arti del mestiere. Ogni tanto riaffiorano i ricordi, la nostalgia della nonna, con le sue maniere dure ma anche affettuose, e il dolore soffocante per una madre dalla quale si è sentita abbandonata. A Parigi, Elena riprende in mano il suo percorso di vita e riscopre l'amore innato per i profumi, che le si presenta come una sfida: andare alla ricerca della formula per il Profumo Perfetto ripercorrendo il diario di una sua antenata. Non a caso, ciò che nota subito del suo vicino di casa, Cail, è proprio il suo odore...

   La trama è prevedibile e piatta, con degli accenni a svolte mai efficaci e drammi interiori non approfonditi. Per quanto il racconto segua l'evoluzione dei personaggi, i cambiamenti sono repentini, tanto da risultare insignificanti (basti pensare al ruolo dell'apprendista Aurore, alla rapidità con cui si risale alla tanto ricercata formula, alla creazione del negozio quasi dall'oggi al domani o al rapporto con Cail). La sintassi è pulita, ma caratterizzata da ridondanze noiose. Le frasi seguono spesso una struttura "a doppio", con la ripetizione di un aggettivo, un sostantivo o l'aggiunta di una proposizione. 

    Si tratta di un romanzo leggero, che può allietare giornate poco impegnative, ma di certo non può essere considerato un lavoro di rilievo. La scansione dei tempi narrativi è fallimentare, ragion per cui non si riesce mai a scavare oltre la superificie: non si ha il tempo sufficiente per comprendere fino in fondo i personaggi e seguirli nelle loro trasformazioni accelerate. Una minima spaccatura la si avverte nel finale, quando l'equilibrio stabilitosi traballa, ma si tratta di una scelta quasi forzata che non lascia spazio a interiorizzazioni, quindi ci si riassesta sul terreno già spianato senza difficoltà. 

    Un libro che non lascia nulla e che difficilmente consiglierei. Va sottolineato, però, che la scelta del lettore dipende dalle sue intenzioni e dalle sue aspettative: non ho dubbi sul fatto che molte persone potrebbero considerarlo interessante e piacevole. Dipende da cosa si cerca.

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