Essere poeti ai tempi di Internet: Franco Arminio

   La poesia è poesia. In costante mutamento, eppure sempre la stessa: evolve, per una naturale esigenza di sopravvivenza - considerando il flusso vitale dell'arte basato su tradizione e innovazione, condizionato inevitabilmente dal contesto storico-sociale -, ma in fin dei conti è sempre uguale. Poesia è poesia. Inconfondibile.
    Quanta differenza c'è tra "Tanto gentile e tanto onesta pare" di Dante e "Mattina" di Ungaretti? Quanta, tra "L'infinito" di Leopardi e "Non chiederci la parola" di Montale? A discapito delle innumerevoli differenze tra di loro, nessuno si azzarderebbe a dire che gli esempi del passato non siano un esempio supremo di poesia o che uno lo sia più dell'altro.
   Ai giorni nostri, i versi appaiono più spogli, la punteggiatura superflua, i titoli - addirittura - saltuari. La poesia di Franco Arminio, "poeta dei social" e, come si definisce lui stesso, "paesologo", rispecchia perfettamente il nostro tempo. I lunghi binari di parole spaventano, i periodi complessi disorientano, le etichette stufano: la poesia non può che farsi breve, incisiva, aleatoria. 
   I componimenti di Franco Arminio sono degli scorci in un cielo coperto o delle vie di luce tra i fitti alberi, ruscelli aridi ma rinfrescanti o cascate rapide ma ricche d'acqua. Il contatto con la natura è vitale, forse l'unica risposta alla corruzione dei valori e delle identità in cui ci siamo calati. Nella desertificazione e nella desolata calma dei paesi, ultimo residuo del mondo che corre, il poeta campano vi trova la pace, la risposta e addirittura la speranza per il futuro. Alla continua ricerca di terremoti emotivi, Franco Arminio poggia gli occhi sulle cose e ci invita a guardare, a porre attenzione. 
   Poche delle sue poesie portano un titolo, come se non fosse necessario etichettare tutto, dare al frutto della creatività un'identità precisa, come a dire "ti regalo questi versi sciolti, prendili e fanne ciò di cui hai bisogno". Molto attivo su social come Instagram e Facebook, è lui un esempio concreto di come la poesia possa sopravvivere ai nuovi mezzi di comunicazione, adattandovisi senza tradirsi. 
   Tra le varie raccolte pubblicate, ho finora letto "Cedi la strada agli alberi" (maggiormente incisivo) e il più recente "Resteranno i canti". Entrambi i libri sono divisi in sezioni, blocchi tematici che abbracciano i componimenti stringendoli lentamente. La terra è sicuramente uno dei temi più frequenti, ma non mancano riflessioni sulla società, sulla scrittura, o umili consigli di vita.



" [...]
Non limitarti a galleggiare, 
scendi verso il fondo
anche a rischio di annegare."








"Non era niente,
pensa che alla fine di tutto potrai dire
questa frase
perché la vita in fondo
è un falso allarme.
[...]"






   Io rimarrò sempre una amante delle figure retoriche e della varietà stilistica, dettagli che non ho trovato in queste raccolte, talvolta un po' ripetitive. Eppure, conoscere la poesia di Franco Arminio è stata una bella scoperta: i suoi libri sono degli ottimi compagni di viaggio per la vita frenetica, aiutano a rallentare il ritmo, a sospendere il tempo e a guardare; quindi, mi regalerò senz'altro altri suoi libri per non rinunciare ad attimi così.

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