Elena Ferrante, L'amore molesto


   Amalia è morta annegata il 23 maggio, giorno del compleanno della figlia, Delia. È quest’ultima a rivelarlo al lettore, facendosi narratrice di una storia fatta di pochi giorni, quelli successivi al funerale, che ne racchiudono infiniti altri, quelli vissuti come madre e figlia. Una relazione, per sua natura, tanto essenziale quanto intricata, dove l’affetto incondizionato può diventare gelosia, dove l’affermazione della propria identità può tramutarsi in rifiuto delle radici.

  Padre pittore, due sorelle quasi invisibili, i ricordi che riaffiorano al suo ritorno a Napoli. Al centro, lei, Amalia, e lei, figlia, quasi unico soggetto scisso in due corpi, vita dentro altra vita. Una bugia, o forse una verità distorta, detta quando aveva cinque anni e un amore lontano, quello dei suoi genitori, che si sgretola come pane raffermo all’ombra di un uomo, Caserta, soprannome che abbraccia la città della reggia e quella della miseria.
   L’amore molesto è quello di Amalia e Caserta, di Amalia e il marito, di Delia e Antonio, figlio di Caserta, su cui proietta le distorsioni della madre; l’amore molesto è quello di madre e figlia: un amore immenso, ma amore che disturba, che trasforma, che spacca dentro.
  Primo romanzo della misteriosa Elena Ferrante, una scrittura matura che implode nell’essenzialità dei tratti stilistici: abbozzo di Napoli e personaggi, stati d’animo e relazioni sociali che devono rimanere tali: abbozzi portatori di significato.
   Dopo aver letto la quadrilogia de "L’Amica geniale", a stento vi ho rivisto la mano della stessa autrice, con un briciolo di delusione, ma ancor di più con soddisfazione: un libro diverso, diverso dall’altro e da quello che mi aspettavo, perché ogni testo rimanga una realtà a se stante.

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