Valentina D'Urbano, Quella vita che ci manca
Titolo: Quella vita che ci manca
Anno di pubblicazione: 2014
Casa Editrice: Longanesi
Pagine: 332
Trama
1990. Vent’anni e una vita alla Fortezza, il quartiere romano della malavita. Valentino, il più calmo e ragionevole dei suoi tre fratelli, vive con la madre, la sorella maggiore Anna, Alan, di 26 anni, e Vadim, che nonostante i suoi 24 anni è il più piccolo di tutti a causa del suo ritardo mentale. Figli di padri diversi, cresciuti da quello di Valentino ormai morto, i quattro fratelli sono uniti da un forte legame, quell’amore fraterno che si rivela anche tra i litigi e le parolacce. La vita alla Fortezza si trascina tra povertà, stenti e carcere, tra i tentativi illegali di sopravvivere e la quotidianità trascorsa tra le mura di casa.
Al racconto sulla famiglia Smeraldo, questo il cognome della madre che accomuna tutti i suoi figli, si intreccia pian piano quello di Valentino e Delia, una ragazza che piomba nella vita di lui da un giorno all’altro. Sette anni più grande, magra e spigolosa, laureata, di una bellezza che si scopre solo dopo qualche occhiata in più, di una bellezza che va oltre il grosso cappello di lana o i capelli corti e tagliati malissimo. Grazie a Delia, Valentino conosce finalmente l’amore, quell’amore crudo e profondo, dolce e carnale, che ti fa credere nella possibilità di una vita migliore. Eppure, alla sincerità dei sentimenti, si contrappone il senso del dovere nei confronti della famiglia e soprattutto la menzogna di una realtà che si fa fatica a condividere…
Opinione
“Quella vita che ci manca” è un romanzo che rivela la dolcezza dei sentimenti più puri, il legame familiare e l’amore tra uomo e donna, in maniera cruda, attraverso i gesti quotidiani privi di ogni idillio, che si fanno ancora più scarni in una realtà degradata come quella vissuta dai suoi personaggi.
Il linguaggio rispecchia la crudezza della Fortezza e la sua essenzialità: non c’è bisogno di giri di parole e gesti eclatanti per dimostrare i sentimenti che non hanno bisogno di essere dimostrati ma che si rivelano da sé. Il binomio crudezza-dolcezza si fonde quasi in un unico stile, che accomuna trama e linguaggio.
Consapevole dei meccanismi narrativi, l’autrice ha misurato con precisione i momenti di tensione e quelli di pace, alternandoli e mischiandoli per attirare il lettore verso una fine piuttosto prevedibile, ma comunque piacevole.
Consiglio questo libro a chi conosce il significato di “una vita di stenti”, a chi ama la propria famiglia nonostante i difetti, a chi crede nella possibilità del cambiamento, a chi ha voglia di farsi cullare dalle pagine di una delle tante, ma sempre diverse, storie d’amore, per assaporare con una goccia di nostalgia e speranza quella vita che ci manca.
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