Valentina Fitti, La zanzara

Il romanzo d'esordio di Valentina Fitti: 
la scrittura come espiazione

"Una zanzara sprovveduta e muta mi sta succhiando il sangue. Me ne sono accorta. L'ho vista, al secondo tentativo, perché la prima volta non basta"
  Scivola la lettura. Le parole t'ingannano. Gli occhi scorrono. Ma la mente non le sta dietro. 
 Scontata (forse) la mia metafora, ma rende l'idea: il libro è stato impersonificato dall'immagine che evoca: come una zanzara, ti punge senza che tu te ne accorga. Eppure, dopo qualche istante, inizia a pizzicare. Sempre più insistentemente. 
  Così è andata con me. Le immagini sono state riempite dalle parole, e alle parole sono sopraggiunti i pensieri. E a questi pensieri si sono accumulate ulteriori riflessioni.
[In questo preciso istante, mio padre sta cercando di uccidere una zanzara. E vorrei dirgli di lasciar perdere, e vorrei dirgli di lasciarla vivere.]
  "La zanzara" è un libro di espiazione, di liberazione, di passaggio; un romanzo che descrive un cambiamento, che racconta un pezzo di vita in transito. Questo spiega la scrittura di getto, che cerca di stare dietro all'impeto interiore; oltre che metaforica: ti sbatte in faccia immagini, più che parole.
   Il ritmo è cadenzato da descrizioni esterne, impenetrabili, che si soffermano sulle azioni dei personaggi, obbligando il lettore a osservare in silenzio; ma a questi passaggi, si alternano profonde riflessioni interiori, immagini evocate, parole simboliche, che materializzano la confusione della protagonista. E allora, cerchi di scavare ancora, per ottenere le tue risposte. Che forse non troverai. O che forse vedrai appena accennate.    
   Perché il libro è questo: l'accenno di un amore, l'accenno di una descrizione dell'amore, o meglio di una passione, in cui il "non-detto" rende il contenuto più misterioso e permette al lettore di focalizzarsi sul vero tema del romanzo: l'impercettibile passaggio dall'io che è all'io che sarà.
   


  La "zanzara" è una metafora, sintesi non solo del racconto, quanto dell'autrice stessa: in silenzio ma con grinta, Valentina Fitti si affaccia alla realtà letteraria, e con coraggio e determinazione sveste i panni di osservatrice, per godere di quel mondo che ha sentito godere e di quel piacere che ora rimbomba nelle orecchie degli altri.

"Sto sentendo il mondo godere e io, che potrei farlo meglio, resto immobile a sentire il piacere altrui che rimbomba nelle mie orecchie."
  




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