Quanta poesia c'è in un fiore? Ivan Fassio e il suo "Nontìscordàrdimé"

Se avessi potuto intervistarlo, gliel'avrei chiesto: "Quanta poesia c'è in un fiore?" 

Provo a fantasticare la sua risposta, ma ciò che visualizzo è un sorriso sornione, a suggerire che tutto ciò io voglia sapere è già scritto in quel titolo: "Nontìscordàrdimé". Con gli accenti esattamente su determinate vocali, come voleva lui, il groviglio di parole fuse è uno stelo che sprigiona foglie eterne e un azzurro di rara bellezza.

Fassio I., "Nontìscordàrdimé",
El Doctor Sax, 2021.

La raccolta di poesie che porta il nome di un fiore è il libro postumo pubblicato dai suoi amici, i quali ne hanno curato l'ordine rispettando le volontà e l'intento del suo autore, Ivan Fassio, morto prematuramente. Edito dall'arguta casa editrice "El Doctor Sax", si tratta di un libro fresco di stampa con cui vale la pena condividere il proprio tempo. Portarlo al mare, per rubare qualche istante di profondità tra un'abbronzatura e una nuotata; tenerlo sul comodino, per dedicarsi qualche minuto di sospensione prima di addormentarsi; leggerlo tutto in una volta per intraprendere un cammino nel paesaggio del pensiero. Io l'ho letto con ritmo cadenzato e ancora oggi mi è spesso intorno, come un'àncora di salvezza per ritrovare un pizzico di pace.

Senza titoli e divisi da due aterischi, i componimenti in "Nontìscordàrdimé" sbucano dal terreno fertile grazie a parole seminate con dedizione e passione: il segreto di ogni buon raccolto. Lo stesso Ivan, rivolgendosi ai curatori del libro, che aveva individuato in una cerchia di persone fidate (tra cui Laura Callari che si è occupata della Prefazione), scriveva così: "l'idea è che i testi sbuchino come i 'non ti scordar di me' su un prato: sorprese, uno breve, uno lungo, uno in prosa".

"Sorprese" è il termine che meglio li descrive: i fiori verbali di Ivan Fassio sono degni del nome che portano. Mi ha sorpreso l'accostamento di immagini evocate, la minuzia nella scelta delle parole e, in particolare, l'effetto sonoro che una lettura ad alta voce può rendere in tutto il suo splendore. E poi, i significati che si diramano verso i cieli della riflessione.

La voce poetica è quella di un sognatore, in attesa dell'"epoca dei timidi", che vive della leggerezza del verbo sentendone tutta la gravità sulle spalle; dunque non può che essere la scrittura un nucleo tematico imprescindibile, che è specchio dell'esistenza tutta. Proprio come i "non ti scordar di me", fiori piccoli e insignificanti se visti da una certa distanza ma potenti nella loro leggerezza, le poesie di Ivan Fassio sono tutte diverse ma sorrette dallo stesso stelo robusto e in grado di sprigionare una profonda forza evocativa concentrata in pochi versi.


È pesante come tuono:

così incessante suona

l'inconcludente lavorìo

su tutto e niente

su nessuno, sulla gente!

Sapessi essere leggero

fare un passo solo

dire, diventare

da quel che ero

a quel che sono.


Dinamico, sognatore, amante della natura, amichevole, riflessivo, attento osservatore, amante del silenzio: so così poco di Ivan Fassio, eppure eccolo qui, nel suo libro, così chiaro che mi sembra di conoscerlo. Non c'è bisogno di chiedergli quanta poesia c'è in un fiore. Non c'è bisogno di intervistare i poeti, le risposte sono tutte lì, nelle loro poesie. O in noi che le leggiamo.

Commenti

  1. Grazie! Hai colto, ammesso sia possibile farlo, l'essenza di Ivan.

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