Lev Tolstoj, Anna Karenina

Un incipit, un inizio

"Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre, ogni famiglia infelice è infelice a modo suo". 

Questo è l'incipit di "Anna Karenina", una frase netta, immediata, che proietta istantaneamente il lettore nella realtà del libro. Una frase forse già sentita, come tante altre sparse nella mente comune che vagano senza trovare la giusta sistemazione nella cultura individuale, se non prima di imbattervisi direttamente, quando la si ritrova nel suo naturale contesto: il libro da cui è stata estratta.
   Ci sono titoli che risuonano nelle orecchie per anni e anni prima che si possa decidere di dar loro consistenza; ci sono titoli che con la sola dicitura di "classici" appaiono a molti noiosi, ad altri troppo maestosi e quindi impegnativi per poter essere piacevoli; ci sono titoli imposti dalla cultura generale e rifiutati proprio perché datati: l'interesse si perde di fronte ad una solennità che si teme di non apprezzare. Eppure sono proprio questi i titoli dai quali si dovrebbe partire per poter comprendere quelli contemporanei, oltre a permettere di sviluppare un senso critico più raffinato. Dare un perché alla loro condizione di pilastri letterari è sintomo non solo di curiosità e maturità, ma anche di frenesia conoscitiva, di quella voglia irreparabile di avvicinarsi alla fonte per poter criticare personalmente un'opera.
   Questo è lo spirito che mi ha guidato quando ho deciso di leggere "Anna Karenina": un nome vuoto che echeggiava nella mente e che ora per me ha un significato che mi rende nuova.

"Massimalismo letterario"
    Sempre più spesso si nota l'inclinazione degli scrittori contemporanei a preferire un'impronta minimalista e nello stile e nella lunghezza di un testo. Immagino che nella maggior parte dei casi non si tratti di una scelta del tutto personale, bensì dettata dall'adattamento al lettore medio, che non ha tempo di perdersi in pagine e pagine di descrizioni: il libro deve essere immediato. Ma perché deve essere lo scrittore ad adattarsi al lettore e non viceversa? 
   Pubblicato nel 1877, "Anna Karenina", con il suo migliaio di pagine, è l'esempio di quello che mi vien da definire - senza alcun riferimento al suo uso comune - "massimalismo letterario": un'opera completa, lunga, profonda, dettagliata. La sua perfezione consiste esattamente nel non rinunciare mai al desiderio di farsi comprendere senza spogliarsi della sua grandezza, di riuscire a coniugare eleganza e semplicità, ricercatezza e purezza di stile. Il segreto di come sia possibile arrivare al cuore del lettore attraverso la ragione è conservato esattamente nelle sue pagine. Ogni minima parola assume una rilevanza tale da non poter essere omessa; le descrizioni particolareggiate di situazioni e pensieri si fondano su dettagli necessari e rivelatori.
   
Caratteristiche dell'opera: tematiche
   Anna Karenina è la protagonista del libro, questo ce lo dice chiaramente l'autore ancor prima di iniziare la lettura, tanto chiaramente da dedicarle l'intero titolo, che funge quasi da introduzione. Il lettore si aspetta che sia lei ad apparire sin dalle prime pagine, ma ciò non avviene: la protagonista si fa desiderare e il lettore è diviso tra la consapevolezza della sua importanza e la confusione per la sua assenza. Ma è proprio in questa assenza che Anna si presenta: con la curiosità che suscita nel lettore stesso. 
   Di lei compare prima l'attesa, durante la quale il lettore si interroga sul suo ruolo ed è inconsapevolmente invitato ad immaginare le altre vicende che nel frattempo vengono descritte, per costruire le basi necessarie ad accogliere poi ogni sfaccettatura della sua personalità. 
  Quasi rispettando una struttura speculare, la protagonista abbandonerà il libro senza giungere alla fine, senza accompagnare il lettore fino alle ultime pagine, ma  sparendo prima, per rinnovare quel sentimento di attesa che si fa assenza. L'opera non si apre e si chiude con lei, ma l'abbraccia contenendo in sé altre storie che si intrecciano, altre vite che scorrono, altri pensieri che maturano.
   La presenza di diversi personaggi permette all'autore di creare realisticamente un mondo per mezzo di svariate prospettive, permettendo allo stesso tempo di avere accesso alla loro vita interiore. Conosciamo i loro pensieri direttamente, attraverso le loro azioni e per mezzo del dialogo, penetrando gradualmente il loro animo e quindi l'animo umano, ma così facendo entriamo anche nei meccanismi della società, tanto fondamentali per capire i comportamenti del singolo.
    Il tema principale può essere sintetizzato dal rifiuto della menzogna e dell'inganno che accompagna in primo luogo Anna nelle sue scelte e, in maniera capillare, tutti gli altri personaggi. La finzione che regola la società è la costrizione dalla quale ci si vuole liberare per affermare la propria indipendenza, ma allo stesso tempo il mezzo necessario per imporre quella stessa libertà. Anna appare sdoppiata tra verità e dubbio, finché la scissione non si fa irrisolvibile e la consapevolezza della trappola sociale tanto frustrante da danneggiare chi tenta di romperne i legami. Anna è vittima dell'opinione pubblica due volte: quando rifiuta l'inganno e quando si ripropone alla società con un nuovo volto.
    Non è l'unica, però, a percepire la scissione; Levin, ad esempio, è un personaggio costantemente combattuto tra la ricerca della verità - individuale e priva dell'influsso del dogma - e il desiderio di privarsi del dubbio.
  Lev Tolstoj ci guida alla rivelazione finale attraverso la rappresentazione dei pensieri dei personaggi, seguendo e rispettando il loro graduale movimento, in modo che quella stessa rivelazione appaia anche per noi talmente chiara da essere sempre stata presente, ma così complicata da aver richiesto uno sforzo intellettuale fatto di ricerca e riflessione. Si sa già tutto, ma non si sa di saperlo: questo è il pensiero alla base del movimento intellettuale tanto del personaggio quanto del lettore.
   Il moto che anima il personaggio/persona è la voglia di inventarsi, di creare da sé la propria vita, di distruggere le idee che impariamo dalla nascita per crearne delle nuove, malgrado si torni al punto di partenza, a quelle stesse idee che si sono rifiutate e contro le quali ci si è scagliati. La libertà è il risultato di una lotta, spesso combattuta contro se stessi, per un'indipendenza che per essere tale deve paradossalmente avere l'approvazione della società.

Caratteristiche tecniche
   Il linguaggio è variegato, cambia a seconda dell'argomento, spaziando dalla politica al pettegolezzo, dalla campagna all'amore, adattandosi alle numerose tematiche che di volta in volta vengono sviscerate o accennate. Grazie ai suoi riferimenti alla musica (es. Wagner) al teatro (es. Shakespeare), alla letteratura (i nomi sono molteplici), lo definirei un capolavoro "artisticamente enciclopedico". Per non parlare dei rilevanti accenni al contesto storico, che offrono una panoramica ancora più ampia e realistica di tempi e luoghi.
   Per quanto riguarda la struttura, l'opera è divisa in otto parti, ognuna delle quali composta da numerosi ma relativamente brevi capitoli, che si susseguono e alternano intrecciando  episodi e storie tra loro egualmente importanti.

Perché è da leggere
  Consiglieri questo libro? Se non lo si è dedotto dalle mie considerazioni, sarò esplicita: ASSOLUTAMENTE Sì. Oltre ad essere impeccabile dal punto di vista stilistico, mi è piaciuto - anzi, piaciuto è dir poco, direi proprio che mi ha catturata - perché affronta dei temi perenni e immortali che interessano l'animo umano (la religione, il tradimento, l'amore, il dubbio, la società...) nelle loro complicazioni e problematiche, in maniera del tutto naturale, seguendo appunto il naturale evolversi delle situazioni e guidando il lettore attraverso le azioni per giungere al pensiero, lasciandoci immettere direttamente in quella realtà - che diventa anche la nostra - la quale può essere dipinta dall'immaginazione grazie ai precisi strumenti che ci vengono offerti.
   Inutile assegnare delle stelline a questi capolavori, sarebbe come dire che il "buongiorno" lo diamo la mattina e la "buonanotte" prima di andare a dormire (sarò stata forse influenzata dal ricorrente uso di Tolstoj della similitudine?), basta solo dirvi che lascia il segno.

Commenti

  1. Bravissima, hai detto tutto. Credo che oggi sia difficile riuscire a leggere un libro di mille pagine e molti desistono, ma credo che romanzi del genere hanno una forza dentro di sé capace di far in modo che il lettore moderno si riapriopri di quel tempo e del valore che il tempo aveva e possa inebriarsi della loro bellezza... :-)

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    1. Grazie :) Giusto. Se ne vale la pena, meglio dedicarsi un intero mese ad un libro solo che leggere dieci libri "vuoti", nel senso che non ti lasciano nulla. La consistenza di un libro non la fa la lunghezza, per questo non dovrebbe essere assolutamente considerato un criterio di selezione nella scelta delle letture.

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